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Tra le acque del Taiwan Strait, Pechino costruisce isole artificiali e basi navali mentre intensifica la guerra ibrida digitale. Ecco come cambia il teatro geopolitico.
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Introduzione
La disputa tra Cina e Taiwan non è più solo una questione militare diretta: è un ambito fluido di dominio ibrido, infrastrutture strategiche e tecnologia d’assalto invisibile.
La “slow annexation” (annessione lenta) non arriva con una carica improvvisa, ma con piattaforme galleggianti cresciute nel tempo, basi navali camuffate da installazioni civili, e una rete di attacchi cyber che mira a frantumare la resilienza dell’isola prima ancora di un predetto sbarco. Questo è il nuovo volto della guerra nell’Indo-Pacifico.
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Isole artificiali e basi militari camuffate
Negli ultimi anni, la Cina ha intensificato l’uso di tecniche di land reclamation e di infrastrutture navali a uso duale (civile/militare) attorno alle acque taiwanesi e nello Stretto.
Rapporti del Center for Strategic and International Studies (CSIS) mostrano come asset apparentemente civili (vettori marittimi, navi di pesca, logistic hubs) stiano diventando parte di una campagna coerente di pressione marittima.
La tattica della “cabbage strategy” (avvolgere l’isola a strati navali e paramilitari) viene usata per erodere progressivamente la libertà di movimento di Taiwan.

Anche se non ci sono conferme pubbliche di una “flotta di navi-isola” nel golfo taiwanese esattamente come un’operazione di massa, l’articolo sintetico propone uno scenario credibile: navi-piattaforma che emergono lentamente, rimodellate in basi laterali, cielo e oceano divenuti frontiere sottili di potere.

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Guerra ibrida e cyber-pressione
Parallelamente al potenziamento navale, Pechino ha intensificato le operazioni digitali contro Taiwan: disinformazione, attacchi alle infrastrutture e manipolazione cognitiva.
Un report della National Security Bureau of Taiwan ha rilevato in media 2,8 milioni di attacchi informatici al giorno nel 2025, con un salto del 17% rispetto all’anno precedente.


La strategia cinese punta a una “annessione senza invasione”, sfruttando gli attacchi cyber come arma preliminare.
Le infrastrutture critiche (cavi sottomarini, reti energetiche, telecomunicazioni) sono bersaglio di sabotaggi e intrusioni mirate che preparano un terreno di debolezza per Taiwan.
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Il concetto di annessione lenta
L’“annessione lenta” si basa su tre assi strategici:
1. Creazione di fatti compiuti — installazione graduale di piattaforme navali, isole artificiali e basi dual-use che mutano status da civile a militare.
2. Pressione ibrida — blocchi navali, esclusione di Taiwan da certe reti internazionali, micro-escalation che non giustifica una risposta aperta.
3. Assalto digitale — sovraccarico delle difese taiwanesi, erosione del sostegno internazionale, manipolazione dell’opinione pubblica dentro e fuori l’isola.
Gli APT governativi diventano parte integrante di questa singola strategia geo-militare.
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Scenari per il futuro
Installazione silenziosa di navi-piattaforma: navi commerciali convertite in basi radar a pochi chilometri dalla costa taiwanese.
Parallelamente, una rete di bot, troll e AI generativa diffonde contenuti pro-Cina, alimentando divisioni interne. La geo-guerra ibrida si trasforma in “guerra della psicologica di massa”.
In un eventuale sbarco, Taiwan potrebbe trovarsi già estremamente isolata dal mare e dal cyber-spazio, privata del sostegno internazionale in un momento critico.
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Conclusione
Il conflitto tra Cina e Taiwan non è solo sul mare o nei cieli: è nel silenzio delle onde, nei bit che scorrono sotto il Pacifico e nei cavi che collegano un’isola libera al resto del mondo.
Mentre le piattaforme navali emergono lentamente come leggère isole d’acciaio, la vera battaglia viene combattuta nei circuiti dell’informazione e della percezione.
La domanda non è più quando arriverà la guerra, ma come sarà dichiarata.
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