Il 24enne di Gela lavorava a Roma per NttData, colosso della cyber security. Aveva un tesoro da 5 milioni di euro in crypto guadagnato sul black market della droga
È riuscito a entrare più volte nei sistemi informatici del ministero e di altre importanti aziende come Tim e Telespazio, tra cui anche quelli della Guardia di Finanza. Si chiama Carmelo Miano, l’hacker siciliano, quasi 24 anni, nato a Sciacca, residente a Gela e domiciliato a Roma, a cui la Procura di Napoli imputa i reati di accesso abusivo aggravato a strutture informatiche e distribuzione di malware e programmi software.
Miano ha ammesso di aver violato i server del Ministero della Giustizia ma non solo: assistito dal suo legale, Gioacchino Genchi ha anche fatto sapere di essere disponibile a collaborare con gli inquirenti. Miano ha però negato che le sue incursioni informatiche abbiano causato danni ai sistemi informatici presi di mira. Il 24enne ha anche ammesso di aver consultato le email di diversi magistrati tra Napoli, Roma, Gela e Brescia. Il legale dell’indagato ha chiesto che gli atti siano trasmessi per competenza alla Procura di Perugia e ha elogiato l’attività investigativa del pool di pm napoletani che ha indagato sul suo assistito, sottolineando, al contempo, la fragilità dei sistemi informatici violati dal giovane hacker siciliano. L’avvocato Genchi ha chiesto al gip di Napoli che ha emesso l’arresto in carcere notificato a Miano dalla Polizia Postale di attenuare la misura cautelare del carcere con gli arresti domiciliari.
Quanto ai danni al sistema informatico contestato, l’avvocato di Miano ha spiegato che “era già in condizioni abbastanza pessime”. Quanto alla possibilità che il 24enne fosse entrato in contatto anche con presunti rappresentanti dei servizi segreti, l’avvocato ha replicato che il suo assistito è disposto a rispondere alla Procura “su ogni altro aspetto delle indagini”.
L’attività di indagine
In particolare, Miano è accusato di essere entrato a partire dal 2021 nei sistemi della Guardia di Finanza, di Tim e del ministero della Giustizia: in quest’ultimo caso avrebbe anche avuto accesso a moltissimi documenti riservati, inclusi quelli che riguardavano la sua stessa indagine. Secondo quanto riferito da diversi giornali, Miano avrebbe confessato di essere l’autore di questi attacchi informatici. Al momento si trova nel carcere di Regina Coeli, a Roma, in attesa della prima udienza.
Delle operazioni di cui è accusato Miano si sta parlando molto non solo per la loro eccezionalità, ma anche perché sembrano essere state possibili per via di una scarsissima protezione e preparazione delle istituzioni interessate. Il Fatto Quotidiano racconta in modo piuttosto dettagliato le principali operazioni di cui sarebbe accusato Miano: nel 2021 sarebbe entrato nei sistemi della Guardia di Finanza attraverso la società di servizi di rete Telespazio, posseduta da Leonardo, utilizzando i computer a bordo di una nave di pattuglia della Marina militare ormeggiata a Brindisi a cui si sarebbe potuto accedere senza password.
Poco dopo sarebbe entrato nei sistemi di Tim usando le credenziali di accesso di un dipendente di una società più piccola del gruppo, scaricando database che conterrebbero i dati di milioni di utenti Tim. Non è chiaro ancora se e in che modo abbia usato tutti quei dati, ma a partire da loro sarebbe riuscito ad avere accesso a credenziali specifiche per entrare nei server del ministero della Giustizia. Una volta entrato avrebbe avuto accesso a moltissimi documenti riservati e avrebbe in particolare cercato quelli che riguardavano l’indagine nei suoi confronti.
Del caso si è occupata la procura di Napoli, insieme alla polizia postale. Secondo quanto riferito dal Corriere del Mezzogiorno, il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri ha detto che, una volta accortisi che Miano aveva accesso ai loro archivi e anche alla loro corrispondenza, incluse mail e messaggi privati, lui e i suoi collaboratori hanno smesso di usare sistemi di comunicazione online e sono «tornati alla carta per timore che potesse intercettare qualcosa».
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